Senza la testa, priva delle braccia, con l’ala destra mozzata e ricostruita in gesso in una posizione sbagliata: per Rivincere non c’è icona più adatta della Nike di Samotracia.
È con la più celebre Vittoria alata che questo sito spicca il volo nell’universo di internet per raccontare storie di successi, sconfitte, rinascite e riconquiste.
Un percorso narrativo che ben si annoda alla più celebre opera della scultura ellenistica a noi pervenuta, attribuita a Pitocrito (Πυϑόκριτος) e conservata al museo del Louvre: è il «capolavoro del Destino» («chef d’œuvre du Destin»), come la definì lo scrittore francese André Malraux, un capolavoro del tempo e del caso capace di resistere al vento della tempesta dall’alto del suo promontorio, mantenendo il corpo teso in diagonale con il suo leggero chitone incollato alla pelle dagli spruzzi d’acqua.
Non importa se sia stata costruita come ex voto per celebrare una vittoria navale o se fosse il simulacro da invocare per evitare i naufragi, la Nike è un simbolo universale di affermazione (e riaffermazione) dello spirito, di tutti i valori a esso legato e di quel cimento dell’anima che rappresenta la parte sempre viva di ogni mortale.
Questa Nike alata incarna nel suo marmo, che pulsa di vita, ogni vittoria, sia essa alloro sudato e meritato o rinascita e ripartenza dopo la sconfitta.
L’amore per i vinti
È proprio dalla sconfitta che germoglia Rivincere, il cui significato è duplice, non volendo dire soltanto «vincere di nuovo» ma soprattutto «riconquistare, recuperare, riguadagnare quello che si è perduto».
Rivincere dunque non è mantra che suscita la competitività e aizza gli animi dei cannibali della vittoria, pronti a rinnovare il proprio successo a ogni costo, senza guardare in faccia a nessuno. Al contrario, il nostro Rivincere affonda le radici nel terreno perduto ed è animato dall’amore per i vinti, secondo quell’impulso che ci fa identificare con Ettore, Enea profugo, Don Chisciotte… La Vittoria, quella Vittoria con la maiuscola incarnata così bene dalla Nike di Samatrocia, può anche rivelarsi irraggiungibile ma mettersi sulla via che conduce a lei è già un modo per afferrarla.
Dalla crisi la ricerca, la sfida e il rinnovamento
Rivincere incontra così l’uomo, scava nella sua storia personale, indaga i tumulti dell’animo, le inquietudini che accompagnano inevitabilmente la vita di ognuno di noi e dà conto di quella lotta interiore che ci tiene in bilico fra i piani della ragione, orientata al calcolo e alla ponderata salvaguardia del quieto vivere, e le esigenze dello spirito, proteso verso i rischi della sfida e assetato di rinnovamento.
Rivincere sta proprio nella capacità di far emergere le potenzialità interiori, dispiegandole fino all’autorealizzazione di sé, e designa una normalità che sa tingersi di eccezionalità, elevandosi a tal punto da diventare paradigma. È bisogno di superare le continue prove della quotidianità, facendo fronte alle sorprese della vita, ed è suscitato dalla crisi, nel senso etimologico: il latino «crisis» rimanda al greco «κρίσις» che vuol dire «scelta, decisione» ed è nome d’azione del verbo «κρίνω» («io giudico, distinguo»).
Rivincere non è una novità, anzi, ha l’età dell’umanità e ha conosciuto rime ben più illustri, come quelle, ad esempio, che hanno raccontato di un valoroso cavaliere:
«Recreant vos apelent tuit,
Chrétien de Troyes – Erec et Enide, vv. 2567-2568
Cuidiez vos qu’il ne m’an enuit»
«Tutti vi chiamano rinunciatario («recreant»), Credete che non mi dispiaccia» dice la moglie Enide al marito Erec, innescando il suo riscatto.
La quête di Erec, e quella dei “colleghi” Lancillotto, Ivano e Perceval, coincide, in fondo, con il cammino di quanti puntano a rivincere, non dimenticando che questo verbo ha un significato ben più profondo del semplice «vincere di nuovo».
E può rivincere anche chi non ha vinto ancora.